“Le famiglie devono mettersi in gioco: è lo sforzo che ci viene chiesto per dare un volto nuovo alla società”

 

Emma e Piermarco aiuteranno le famiglie a guardare come Dio ha “trasfigurato” la loro vita.

Emma Ciccarelli e Pier Marco Trulli sono sposati da quasi 25 anni, hanno quattro figli – Davide 23 anni, Maria Francesca 20, Alessandro 16 e Lorenzo 11 – e da più di quindici si occupano di pastorale familiare. Due lavori impegnativi – in banca per lui come responsabile di area a Torino e come consulente familiare lei a Roma – che si coniugano con un impegno a favore delle famiglie e dell’educazione: oltre alla pastorale familiare, infatti, Emma è anche vicepresidente nazionale del Forum delle Famiglie e ne presiede il comitato regionale del Lazio, è salesiana cooperatrice mentre Pier Marco  è un capo scout. Due provenienze da ambiti educativi che, spiega Emma, grazie all’impegno che continua nel tempo. Durante la Sfaf 2016, Emma e Pier Marco terranno un workshop sul verbo “trasfigurare”.

La prima domanda, visto il vostro workshop che terrete alla Sfaf, è questa: cosa significa il verso trasfigurare per la famiglia oggi?

 Emma: Dall’idea che ci stiamo facendo preparando l’intervento, è il verbo più complicato perché trasfigurare significa vedere la luce anche dove c’è l’ombra e anche quando le cose vanno tutte male e sembra che Dio ce l’abbia con te, anche quando sei sulla croce e non riesci a capire quale senso abbia la tua vita. Il lavoro che faremo sai quello di riuscire a vedere tra le maglie della vita, tra le righe storte della vita il progetto che Dio vuole realizzare su di noi anche quando pensiamo che tutti stia andando contro i nostri progetti. Inoltre, la trasfigurazione è anche quando il corpo degli sposi diventa liturgia, il dono reciproco che si fanno gli sposi nel corpo.  L’amore, l’atto sessuale, la corporeità vengono banalizzati quando invece è un trasmettere all’altro che è amato, che è un dono e quindi riuscire a individuare che quella è luce.

Pier Marco:  Trasfigurare vuol dire anche vedere laddove le nostre orme di progetto personale si sovrappongono a quelle del progetto di Dio per cui sei anche al servizio degli altri. La trasfigurazione è stata vista molto anche sul lato della sofferenza: la trasfigurazione della sofferenza dalla croce alla vita e alla vittoria sulla morte. Questa interpretazione ci aiuta a vedere le cose in maniera leggermente diversa, perché a volte per trovare la soluzione al problema bisogna anche uscire fuori dal problema. Questo è uno sforzo che ci viene chiesto e non a caso questo  è l’ultimo dei cinque verbi, perché qui si vede come Dio scrive sulle righe storte. Come quello che per te può essere una cosa senza senso, poi invece riesci a vedere altro, a trasfigurare quell’esperienza e quella realtà e vedere quello che poi può portare frutto. ll trasfigurare è proprio il tentativo di mettere insieme il progetto che può sembrare un’aspirazione umana, la paternità e la maternità, una semplice relazione umana con qualcosa che invece tocca l’infinito.

 

Come può crescere una famiglia partecipando a un’esperienza come quella della Sfaf? Io che vengo per la prima volta, cosa porto a casa che prima non avevo?

Pier Marco: Se partiamo da quello che ci chiede Papa Francesco, che più che slogan chiede di avviare dei processi, questo è un avvio di un processo. Chi viene deve rendersi conto che sta percorrendo un cammino. C’è una famiglia che  è venuta per la prima volta e mi ha detto: non conoscevamo nessuno, però ci sentiamo veramente a casa, ci sentiamo accolti come famiglia come mai ci è successo altre volte. Certamente era nell’obiettivo di chi ha organizzato questa scuola, grazie anche al lavoro di team, anche far capire che anche tu fai parte di un progetto, se le famiglie che vengono si mettono in gioco e sperimentano alcune delle cose che hanno vissuto qui. Per esempio, se non erano abituati a pregare prima di pranzo, stando qui potrebbero prendere l’abitudine di farlo anche a casa, tutti i giorni.  Ci sono dei temi che vengono toccati come l’ascolto attivo, la comunicazione nella coppia e il rapporto tra gli sposi e imparare a dialogare tra gli sposi se si avvia questo processo le cose possono funzionare. Noi lo abbiamo sperimentato sia personalmente sia con i nostri amici.

 

Come famiglia sono dieci anni che venite alla Sfaf, avete fatto questa esperienza come famiglia. Come vivete questa esperienza come famiglia,  sia come crescita familiare che come apertura verso le altre famiglie.

 Emma:  Questa è un’esperienza che ci ha dato molto sotto tanti punti di vista, sia come formazione come stile di relazione con i figli. I figli sono stati sempre i primi che volevano ritornare, e loro sono cresciuti e a noi ha facilitato il  compito genitoriale perché certi messaggi e valori sono passati proprio in questi giorni di campo, in un momento di festa, anche sul come stare attento agli altri. è un campo che ti porti dietro tutto l’anno. Non li abbiamo mai trascinati qui anzi, dal giorno dopo ci dicevano: il prossimo anno torniamo. Quindi per noi ora che i figli sono grandi, è un momento per stare in famiglia, ora che fanno altre scelte sappiamo che qua ci ritroviamo tutti. Continua a portare benefici nel tempo. E soprattutto loro qui respirano la bellezza del matrimonio, di fronte  invece a tanti informazioni qui loro la vivono direttamente con tante coppie felici di essere coppie, che qui scoprono che è bello stare insieme e quindi per noi è un passaggio importante nell’educazione all’affettività.

Pier Marco: Il discorso positivo è, oltre a quello degli adulti, anche il rapporto che si crea tra i ragazzi sono cresciuti insieme che pur stando a 500 chilometri di distanza si sentono e si vedono. Nostro figlio è appena stato a trovare alcuni di loro, è un supporto reciproco. Avere in questo modo un modello incarnato, nel senso non parole ma gente che condivide il tuo stesso orizzonte di vita. Poi, un’altra annotazione personale: il nostro figlio maggiore che sta facendo un master in marketing e management ha scoperto la passione per la comunicazione e ha deciso di fare la facoltà di Scienze della Comunicazione proprio durante un campo quattro anni fa. Per lui era l’anno della maturità e qui aveva il compito di fare dei video. Fece dei video molto belli, che ebbero un riconoscimento da parte di tutti. Quando si trattò di scegliere quale facoltà scegliere, fu facile per lui deciderla, quindi per lui questa cosa gli ha consentito poi di trovarsi una strada professionale.

Emma:  I ragazzi quindi capiscono che noi non siamo una mosca bianca ma che ci sono tante famiglie che vivono il nostro stile di vita, e questo ci aiuta a non imporci su certe cose ma che anche vedendole non siamo soli.

Autore: Marta Rossi